L’Ue dichiara guerra al Fast Fashion

L’Ue dichiara guerra al Fast Fashion

Il settore della moda è uno dei più inquinanti al mondo, secondo solo all’industria petrolifera.

In particolare il cosiddetto fast fashion è al momento responsabile, da solo, del 10% dell’inquinamento globale, emettendo più CO2 dell’industria aeronautica e navale insieme.

L’Unione Europea ha deciso di non restare a guardare immobile, e si è data come obiettivo la fine del fast fashion in pochi anni, nel 2030. Attraverso una serie di norme, la Commissione europea chiede alle grandi aziende del settore più sostenibilità e meno sprechi.

Per fare solo qualche esempio, i brand dovranno rendere note le quantità di prodotti rimasti invenduti e quelli mandati in discarica. Inoltre, i singoli capi dovranno “essere longevi e riciclabili, realizzati in larga misura con fibre riciclate” ha dichiarato Virginijus Sinkevičius, commissario europeo per l’ambiente.

Queste indicazioni non sono pensate solo per il vestiario, ma la direzione è quella di renderle vigenti per qualsiasi tipo di articolo sul mercato.

“I prodotti che usiamo ogni giorno devono durare”, ha dichiarato Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea responsabile del Green Deal dell’Ue. “Se i prodotti si rompono, dovremmo essere in grado di ripararli. Uno smartphone non dovrebbe perdere la sua funzionalità “.

L’insieme di norme a firma Ue è stato inserito nel “Piano d’Azione per l’Economia Circolare”, pensato per ridurre l’impatto ambientale del Vecchio Continente sull’ambiente e per programmare una crescita sostenibile nei prossimi decenni.

Nonostante la linea d’azione sia stata definita, ancora non è chiaro come e quanto cambierà l’industria della moda, e le regolamentazioni specifiche si stanno discutendo in questi giorni.

Ma l’obiettivo e la speranza della Commissione è prima di tutto di far sì che i cittadini europei aderiscano a questa linea proposta e abbraccino un sistema più sostenibile. Se infatti, come ha spiegato il commissario europeo per l’ambiente Sinkevičius, “i vestiti non avranno bisogno di essere gettati via e sostituiti così spesso come ora, i consumatori avranno effettivamente una bella alternativa, un’alternativa attraente al fast fashion”.

Una speranza giusta, che deve essere accompagnata da norme e da operazioni attuabili e ragionate da parte dell’Ue.

24 agosto 2022

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