La Cina punta ad essere leader tecnologico mondiale

La Cina punta ad essere leader tecnologico mondiale

 

Nei mesi scorsi la Cina ha approvato il suo quattordicesimo piano quinquennale con cui Xi Jinping ha messo in evidenza alcuni propositi: il primo obiettivo fra tutti è quello di porre il Paese al centro della scena mondiale, in particolare nel settore tecnologico, economico e finanziario. Certo, i problemi interni per Pechino non mancano, ma USA e Europa devono tenere gli occhi ben aperti, perché quello che Xi Jinping vuole è stupire tutti sul piano dell’innovazione e diventare un modello per le più grandi potenze mondiali. Per riuscirci sono necessarie diverse condizioni. In primis, regolare il grande mercato dell’import e dell’export, cercando, in sintesi di “bastarsi da soli”. Creare un’economia quasi del tutto autosufficiente metterebbe la Cina in una posizione privilegiata, da protagonista nel determinare le regole e gli standard del commercio mondiale. Anzi, come ha detto Xi Jinping, la Cina deve diventare “Uno dei Paesi più innovativi entro il 2030 e il Paese più innovativo entro il 2049”, il centenario dell’ascesa al potere del Partito comunista cinese (PCC).

In secondo luogo, ma non per importanza, il Presidente cinese Xi Jinping ha basato tutta la sua campagna economica sulla “prosperità comune”, che insieme a corrette mosse politiche dovrebbe portare a diminuire l’ampio e persistente divario di ricchezza all’interno del paese: una costante minaccia per la stabilità generale. Quando parliamo di “prosperità comune” includiamo diverse manovre che vanno dal contenimento dell’evasione fiscale ai limiti delle ore lavorative per i dipendenti del settore tecnologico, fino ai limiti di tempo, rigorosi, che i minori possono trascorrere giocando ai videogiochi. C’è persino una campagna volta a indebolire l’influenza delle star (cantanti, attori) sui loro fan: pratica considerata malsana e troppo “occidentale”.

Tutto sommato un inno alla “prosperità comune” che sembra focalizzarsi molto sulla popolazione del paese, ma che in realtà ha del potenziale per avere enormi ripercussioni sul resto del mondo.

Non è la prima volta che la società cinese introduce un concetto simile. L’idea è stata già discussa nei documenti del partito da Mao Zedong, col fine di creare una società più egualitaria. Principio messo poi da parte da Deng Xiaoping, che ha spostato l’attenzione sullo sviluppo di un’economia che avrebbe permesso ad “alcune persone di arricchirsi prima”, mettendo per un attimo in pausa l’attuazione di un piano comune di prosperità. Fino a Xi Jinping, che ne ha fatto una parte centrale del suo discorso del 2017: prosperità comune entro il 2035 e raggiungere definitivamente l’obiettivo entro il 2050.

Certo, va prima affrontato il problema della disuguaglianza. Il 20% fra i più ricchi della Cina guadagna 10 volte di più del corrispettivo 20% più povero. Sebbene il numero di persone che vivono in condizioni di estrema povertà sia diminuito negli ultimi dieci anni, ancora oggi più di 600 milioni di persone (circa metà popolazione) vivono con un reddito annuo di 12.000 yuan (poco più di mille euro) o meno. Dall’altra parte, però, una rapida crescita economica e diverse riforme hanno creato grossi cumuli di ricchezza: Bloomberg conta 81 miliardari solo in Cina, che rientrano fra le 500 persone più ricche del mondo. A questi si aggiungono altre migliaia di miliardari e multimilionari che non rientrano nella top 500.

E la “prosperità comune” tenta di occuparsi anche di questo. I leader cinesi si sono mossi in questa direzione, promuovendo soluzioni volte a espandere la percentuale di cittadini a reddito medio, aumentare i redditi dei poveri attraverso diversi metodi di tassazione e altri mezzi di ridistribuzione del reddito.

Pechino ha di fatto esplicitamente incoraggiato le imprese e gli individui ad alto reddito a contribuire maggiormente alla società attraverso beneficenza e donazioni, ad esempio. Iniziativa a cui hanno aderito diversi colossi tecnologici: il gigante dei giochi online Tencent Holdings ha detto che 15,47 miliardi di dollari per la prosperità comune. Lo stesso farà Alibaba, che negli ultimi anni ha vissuto una grossa crescita mondiale, e che ora ha ora impegnato 15,5 miliardi di dollari per aiutare a promuovere iniziative in Cina e istituendo perfino una task force dedicata perché “Se la società sta andando bene e l’economia sta andando bene, allora Alibaba andrà bene”.

Tutto troppo bello? Non possiamo saperlo per certo, ma se da una parte la Cina afferma che le sue politiche volte a ridurre il crescente divario di ricchezza sono esattamente ciò di cui ha bisogno in questo momento il Paese, dall’altra i critici affermano che in questo modo la politica avrà ancora un maggiore controllo su imprese e società.

 

10 novembre 2021

 

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