Dobbiamo credere alle previsioni degli esperti?

Dobbiamo credere alle previsioni degli esperti?

 

“Le previsioni ti possono dire molte cose sul previsore ma niente riguardo al futuro”, diceva Warren Buffet, imprenditore statunitense definito “l’oracolo” per la sua sorprendente abilità negli investimenti finanziari. 

In sintesi, le previsioni casuali prese da una scimmia che tira delle freccette sono in media tanto accurate quanto quelle degli esperti.

Philiph Tetlock, professore di scienze politiche presso la Pennsylvania, mostrò grande interesse nei confronti di questo argomento, incuriosito dalla capacità di alcuni previsori di ipotizzare accadimenti futuri molto meglio di altri. Nella sua ricerca, pubblicata con il titolo di Expert Political Judgement, Tetlock riuscì a mettere insieme circa 284 professionisti. Tra loro c’erano accademici operativi in università o think tank, funzionari del governo americano e della Banca Mondiale, addetti ai media e più in generale esperti dediti continuamente all’analisi, approfondimento e valutazione futura dei trend politici ed economici.

Tetlock aveva chiesto agli addetti ai lavori, in maniera anonima, e per un lasso di tempo sufficientemente lungo, di formulare alcune previsioni su accadimenti e questioni che avrebbero riguardato l’intera nazione (e anche il mondo). L’andamento di una determinata guerra, ad esempio, i risultati delle elezioni o l’andamento del petrolio. In totale uscirono fuori quasi 30.000 previsioni, in un arco di tempo lungo più o meno 20 anni (dal 1985 al 2005). 

I risultati furono deludenti e sorprendenti allo stesso tempo: in media un algoritmo programmato per rispondere in maniera casuale, avrebbe fornito le stesse previsioni di molti degli esperti (così come la scimmia che tira le freccette menzionata all’inizio). Alcuni di loro, però, riuscirono comunque ad ottenere risultati migliori di altri, seppur in maniera limitata. Per quale motivo?

A fare la differenza era il loro modo di ragionare. 

“Se tutto quello che hai è un martello, allora ogni cosa ti sembrerà un chiodo”, diceva Abraham Maslow, psicologo statunitense, riferendosi al modo di ragionare profondamente ideologico e influenzato da un unico modello di pensiero che spesso ci caratterizza. 

Le previsioni degli esperti non cambiavano, infatti, in base alle loro competenze, grado di formazione o quoziente intellettivo, alla predisposizione pessimista o ottimista. Gli esperti che avevano ottenuto i risultati peggiori fondavano il proprio ragionamento attorno a poche grandi idee, o meglio dire famose convinzioni, sedimentate nel tempo. 

La soluzione, quindi, sembrerebbe più semplice di quanto si possa pensare. Non è la realtà a doversi adattare al nostro pensiero, così come non tutto può trasformarsi in chiodo solo perché abbiamo in mano un martello. Come un buon artigiano, dovremmo avere a disposizioni diversi modelli mentali, strumenti specifici da utilizzare in base alla situazione o pensiero critico che stiamo affrontando. Un modo di approcciarsi simile a questo ci permette di analizzare il problema da prospettive diverse, e probabilmente di arrivare anche ad una conclusione più accurata e completa. Per questo, la caratteristica essenziale di un buon “previsore” (che, come abbiamo visto, può celarsi in ognuno di noi), è la capacità di raccogliere informazioni da fonti multiple.

 Quindi sorge spontaneo domandarsi: gli esperti non servono a niente?

Con il suo studio, Tetlock ci ha dimostrato il contrario. Vuol dire che servono veri esperti, che vadano oltre alla conoscenza verticale di una singola materia. 

Nessuna dote sovrannaturale o gene speciale, ma preferire un approccio multidisciplinare e un’attitudine curiosa. 

30 giugno 2021

 

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