Che fatica spodestare il petrolio

Che fatica spodestare il petrolio

Nonostante gli sforzi degli ultimi anni di spingere il mercato verso un utilizzo green delle materie, il greggio continua a dominare. Dopo le perdite subite durante la pandemia, ora i fornitori puntano a raggiungere i 100 $ al barile. Le cause della sua crescente richiesta, però, non dipendono solo dall’aumento della domanda da parte dei consumatori. Ce ne sono altre che la maggior parte di noi non conosce e di cui in effetti non si tende a parlare molto.

L’Opec (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) ha previsto una stima della domanda per il petrolio nel 2021 che si aggira attorno ai 96,6 milioni barili al giorno. Lo conferma l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), secondo la quale entro la fine del prossimo anno la richiesta di petrolio dovrebbe tornare ai livelli pre pandemia (quando la richiesta era di 8,6 milioni di barili al giorno). Risultato? Nel quarto trimestre del 2022 potremmo arrivare a 100,6 milioni di barili al giorno, una quantità superiore rispetto al picco di 100,5 milioni di barili al giorno, raggiunti durante il quarto trimestre del 2019, prima dello scoppio della pandemia.

Sul podio quindi il petrolio, mentre l’eolico, ad esempio, saluta dagli spalti. Perché ci tocca premiarlo di nuovo? Fino ad ora la ripresa economica di Stati Uniti, Regno Unito ed Europa, oltre ai paesi asiatici, sembra aver dato ottimi segnali. L’arrivo dell’estate, che comporta la ripresa dei viaggi e, più in generale, di spostamenti, porta inevitabilmente ad un’impennata della domanda sul petrolio, fino a toccare la vetta delle vette: una produzione di oltre 100 milioni di barili al giorno e un prezzo in crescita almeno per tutto il mese di luglio, in virtù delle prospettive incoraggianti dal lato della domanda.

Ma non si parlava di crisi climatica e dell’importanza di impiegare risorse rinnovabili? Sì, e se ne parla ancora: l’urgenza climatica non è in dubbio. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, innalzamento dei mari, surriscaldamento e perdita di biodiversità (alcune delle conseguenze della crisi climatica), s’insinueranno inevitabilmente nei prossimi anni nelle nostre vite, anche se le emissioni di combustibili fossili dovessero drasticamente diminuire. Figuriamoci se, al contrario, continuano ad aumentare.

Abbiamo accennato nel primo paragrafo alcuni fattori, fattori poco noti e che invece sono cruciali. Molti dei metalli e minerali necessari all’industria dei pannelli solari, come cadmio, silicio e rame, sembrano difficili da reperire. Secondo l’Aie, l’agenzia internazionale dell’energia, la produzione di rame è prevista addirittura in diminuzione del 20% per tutto il periodo fino al 2030.

Non è la domanda che manca, è l’offerta ad essere limitata. La richiesta di energia rinnovabile, infatti, è destinata almeno a raddoppiare entro i prossimi 20 anni, ma Irena, agenzia internazionale per le energie rinnovabili, sostiene che i prezzi saranno altissimi proprio a causa dell’impossibilità del mercato di soddisfare le richieste.

Importanti problematiche si riscontrano anche nei contratti di locazione dei fondali marini, per l’installazione degli impianti eolici offshore. A tal proposito, il capo del più grande sviluppatore mondiale di parchi eolici offshore ha avvertito che i governi devono accelerare la locazione dei fondali marini se si vogliono raggiungere gli obiettivi climatici.

È dello stesso parere Mads Nipper, che all’inizio di quest’anno è diventato amministratore delegato del campione danese di energia verde Orsted: a suo dire c’è un forte interesse per il rinnovabile da parte di un numero crescente di aziende, ma i ritardi nelle concessioni delle licenze rischiano di aumentare di troppo i costi.

Bisogna quindi lavorare trasversalmente, su diversi fronti, snellire i processi burocratici e aumentare gli spazi destinati alle fonti rinnovabili: elementi fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi climatici globali.

 

21 luglio 2021

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