
14 Set Perchè avremmo bisogno di più resilienza e meno stabilità
Resilienza: nella tecnologia dei materiali, la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d’urto. In psicologia, la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, ecc.
Questa è la definizione che Treccani dà a un termine riscoperto in questi anni e tra i più usati per esprimere forza, resistenza, capacità di risposta.
In latino resilire significa “saltare”, “rimbalzare”, riuscire quindi ad affrontare positivamente cambiamenti indesiderati.
Con queste caratteristiche insite nella sua essenza, la resilienza si distingue per essere una forza dinamica, in movimento, elastica, in opposizione alla stabilità.
Spesso in ambito lavorativo la stabilità viene elogiata a discapito della resilienza: un sistema forte, robusto, saldo sembra intangibile e destinato a durare nel tempo. Diversamente i sistemi resilienti possono apparire più fragili, perché hanno incontrato la difficoltà, la rottura, il problema, ed è come se venissero associati alla debolezza.
Nel libro “Thinking in Systems” la scienziata Donella Meadows difende questa caratteristica della resilienza e scrive: “sono proprio le oscillazioni di breve periodo, le rotture periodiche, i cicli di crescita e di crollo a rappresentare quei meccanismi di aggiustamento, bilanciamento e feedback che assicurano la resilienza del sistema nel lungo periodo”.
Al contrario, quando un sistema dimostra stabilità nel tempo, può mancare di resilienza e crollare all’improvviso.
Un esempio banale ma sotto gli occhi di tutti proviene dalla politica. Le democrazie sono in continuo mutamento, con un susseguirsi di colpi di scena, crisi, cambiamenti. Possono sembrare molto meno forti di una dittatura ma è proprio questa loro mutabilità che le rende resilienti e sicure, sul lungo periodo. Continui nuovi partiti, pensieri molto diversi, l’alternanza tra governi molto differenti, sono tutte proprietà che aiutano a convivere con i tempi correnti, che portano le democrazie ad adattarsi.
Al contrario i sistemi dittatoriali, immutabili e saldi, sembrano destinati a durare per sempre, ma la mancanza totale di variazioni e alternative porta frequentemente a una violenta rottura, a un collasso spesso definitivo.
Prendiamo un altro esempio: la pandemia da Coronavirus è stata del tutto inaspettata e ci ha sconvolto la vita.
Molte realtà anche apparentemente “intoccabili” e stabili fino a quel momento hanno riscontrato enormi difficoltà di fronte al diffondersi del Covid. Chi ha sconfitto i problemi è stato chi ha saputo reinventarsi, adattarsi, cambiare per continuare ad esistere, addirittura partendo da quei problemi come trampolino verso un nuovo e migliore equilibrio.
Non sorprende, dunque, che la parola resilienza sia entrata con forza nel nostro vocabolario, presa in prestito da quello più tecnico e scientifico. E non appare strano che sia una qualità sempre più richiesta, a maggior ragione per chi ricopre ruoli manageriali e gestionali. La sicurezza al 100% non esiste perché non tutto dipende da noi né è prevedibile ma la capacità di reagire, di non cedere alla difficoltà e rinnovarsi continuamente quella sì, si può costruire giorno dopo giorno, magari sacrificando un po’ di stabilità per creare però un vero e proprio sistema antiurto. Mostrarsi vulnerabili ma essere, proprio per questo, più forti. E tu, sei disposto a farlo?
14 settembre 2022
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